Come sono cambiate le regole sulla sicurezza a lavoro dopo il Coronavirus

L’emergenza Coronavirus ha avuto un impatto notevole sul mondo del lavoro e sulle norme che regolano la salute e la sicurezza dei dipendenti. Le conseguenze di questa pandemia si faranno sentire non solo da un punto di vista economico e sociale, ma anche negli aspetti pratici legati alla gestione dei dipendenti. Insomma, il D. Lgs n. 81/2008 (Testo Unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro) potrebbe non essere più sufficiente per garantire la totale protezione nei luoghi di lavoro e non si esclude che alcuni aspetti della normativa debbano essere rivisti. Vediamo allora quali sono i principali cambiamenti nella salute e nella sicurezza sul lavoro causati dal Covid-19.

L’utilizzo dei dispositivi di Protezione Individuali (DPI)

Fino a poco tempo fa i Dispositivi di Protezione Individuali erano materia per gli addetti ai lavori e riguardavano solo alcune categorie di persone. Secondo il già citato decreto sulla sicurezza e la salute dei lavoratori, questi strumenti servivano per proteggere dai rischi professionali chi lavorava nei cantieri, per strada o in particolari contesti pericolosi. Oggi i DPI sono diventati argomento molto discusso e soprattutto le mascherine e i guanti fanno ormai parte della nostra vita quotidiana, sia privata che professionale.

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Dal punto di vista lavorativo, il recente D. L. 17/2020 (meglio conosciuto come “Decreto Cura Italia”) ha introdotto l’obbligo di indossare le mascherine per tutti i lavoratori che nello svolgimento della loro attività siano impossibilitati a rispettare la distanza interpersonale di un metro. Per limitare la diffusione del contagio nei luoghi di lavoro, molte aziende stanno anche predisponendo l’installazione di specifiche paretine in plexiglass, sempre allo scopo di favorire il distanziamento sociale e limitare il contagio diretto del virus.

L’aggiornamento del Documento di Valutazione dei Rischi (DVR)

Il Documento di Valutazione dei Rischi è un documento obbligatorio in cui il datore di lavoro redige una mappatura dei rischi per la salute e la sicurezza del lavoratore presenti in azienda. Deve contenere tutte le procedure necessarie per l’attuazione di misure di prevenzione e protezione da realizzare e i ruoli di chi deve realizzarle.

È evidente come, a seguito dell’emergenza Coronavirus, si renda quanto mai necessario prevedere un aggiornamento di questo documento, o quantomeno un allegato aggiuntivo, che tenga conto delle mutate condizioni sanitarie mondiali post Covid-19. Un aiuto nell’individuazione dei nuovi rischi potrebbe darla al datore di lavoro il cosiddetto “Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure anti-contagio negli ambienti di lavoro”, redatto dal Governo e dal Presidente di Confindustria proprio allo scopo di coniugare la prosecuzione delle attività produttive con la garanzia di condizioni di salubrità e sicurezza degli ambienti di lavoro e delle modalità lavorative.

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Gli obblighi e le responsabilità del datore di lavoro

Il datore di lavoro ha moltissime responsabilità legate alla tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori. Oggi più che mai è suo il dovere di adottare tutte le misure necessarie per garantire il diritto alla salute nel luogo di lavoro. Qualora non sia in grado di garantire un livello di sicurezza adeguato, l’azienda dovrà rimanere chiusa fino a quando gli standard di sicurezza non siano a norma. In particolare, nelle ultime settimane ha fatto scalpore la decisione secondo cui sul datore di lavoro pende una responsabilità penale in caso di contagio da Covid-19 di uno dei suoi dipendenti: la possibilità è che questi possa essere condannato per lesioni personali o per omicidio colposo, reati gravissimi per cui sono previsti diversi anni di carcere. Ovviamente affinché ciò accada, bisogna dimostrare che il contagio sia avvenuto nel luogo di lavoro e a seguito del mancato adempimento a tutte le norme sulla sicurezza sul lavoro, cosa che è molto difficile da dimostrare.

L’utilizzo dello smartworking come precauzione anti-contagio

Molte aziende hanno deciso di prolungare il periodo di smartworking, introdotto in via eccezionale in fase di emergenza, tanto da farlo diventare ormai una prassi consolidata anche adesso che si potrebbe tornare in ufficio. Certo il mondo del lavoro è molto cambiato e siamo sicuri che certe dinamiche lavoro-ufficio non torneranno più ad essere come prima, ma il motivo reale per cui molti datori di lavoro non fanno tornare in ufficio i dipendenti è legato proprio ai rischi connessi al contagio e alle responsabilità penali che sono in capo a lui. Fino a quando questo virus non sarà debellato, lo smartworking resta di certo una delle forme di prevenzione del contagio più efficaci.


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